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Frithjof Schuon è nato a Basilea, Svizzera, il 18 giugno 1907. Il padre, grande violinista concertista e professore al Conservatore Musicale di Basilea, era originario della Germania meridionale, mentre la madre proveniva da una famiglia alsaziana. Fino all’età di tredici anni Frithjof Schuon visse a Basilea dove frequentò la scuola, ma la scomparsa prematura del padre costrinse la madre, per ragioni economiche, a ritornare coi suoi due giovani figli in famiglia a Mulhouse, in Francia; Frithjof Schuon ricevette pertanto un’istruzione in lingua francese in aggiunta a quella in tedesco. A sedici anni Schuon lasciò la scuola per guadagnarsi la vita come disegnatore tessile, un lavoro che pretendeva poco dal rimarchevole talento artistico che fino allora aveva avuto scarse opportunità di manifestare. Da bambino si dilettava assai a disegnare e dipingere, ma non ricevette mai nessuna formazione in queste arti.

Quando era ragazzo Schuon aveva udito parlare molto degli Indiani da sua nonna paterna, che in gioventù aveva trascorso qualche tempo a Washington D.C. Lì aveva conosciuto personalmente un Sioux membro d’una delegazione di capi nella capitale della nazione, e sebbene non le fosse concesso d’accettare l’offerta di matrimonio di questi, non dimenticò mai l’amico indiano o il suo poppolo e successivamente trasmise il suo amore e la sua ammirazione per gli Indiani ai propri figli e nipoti.

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Dopo aver dipinto per diversi anni raffigurazioni della vita degli Indiani delle praterie, Schuon incontrò finalmente a Parigi, nell’inverno del 1953, numerosi componenti della tribù dei Crow, con cui allacciò amicizia. Essi erano venuti in Europa per eseguire delle rappresentazioni sotto gli auspici di Reginald Laubin e di sua moglie, noti esecutori e difensori delle danze tradizionali degli Indiani d’America.

Dopo Parigi alcuni partecipanti del gruppo andarono in Svizzera, a Losanna, per una settimana di vacanza durante i loro impegni di lavoro, per visitare gli Schuon, in particolare Thomas Yellowtail, che divenne poi un uomo di medicina importante e capo della religione della Danza del Sole.

Cinque anni dopo gli Schuon si recarono a Bruxelles per incontrare un gruppo di sessanta Sioux, giunti per dare spettacoli sul Far West, in occasione dell’Esposizione Internazionale, e strinsero con alcuni di loro un’amicizia perenne.

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Tali incontri prepararono la via alla prima visita degli Schuon in America, nell’estate del 1959, quando furono accolti calorosamente nelle riserve dei Sioux nel South Dakota, e nella riserva dei Crow nel Montana meridionale. In compagnia d’amici indiani visitarono altre tribù delle praterie ed ebbero la possibilità d’assistere a una Danza del Sole a Fort Hall, Idaho, nella riserva degli Shoshoni-Bannock. A Pine Ridge gli Schuon venero adottati nella famiglia del capo James Red Cloud, un nipote del grande capo passato alla storia. Il vecchio capo diede a Frithjof Schuon il nome Wambali Ohitika — Brave Eagle — il nome del fratello del suo celebre avo.

Più tardi in una festa indiana a Sheridan, nel Wyoming, gli Schuon furono ricevuti ufficialmente nella tribù dei Sioux, e Schuon ricevette il nome Wicahpi Wiyakpa, Bright Star. Anche sua moglie ricevette un nome dal capo Red Cloud e un altro a Sheridan, ma preferisce il suo primo nome indiano, Wambali Oyate Win — Eagle People Woman — datole dal vecchio Black Elk, il famoso uomo medicina sioux, per il tramite dell’amico comune Joseph Brown quando annotava le spiegazioni di Black Elk sui riti dei Sioux.*

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Nel 1963 gli Schuon resero visita per la seconda volta alle tribù delle praterie, trascorrendo l’estate tra i loro amici indiani e assistendo un’altra volta a una Danza del Sole a Fort hall. Durante il viaggio Schuon colse l’occasione per recarsi sulla tomba di Black Elk a Manderson, nel South Dakota, e passare qualche tempo con Benjamin, figlio del venerabile uomo di medicina, nelle Black Hills. Egli l’aveva già incontrato sia durante il primo viaggion nell’Ovest, sia nell’autunno del 1962 quando gli Schuon trascorsero più giorni in sua compagnia a Parigi.

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Le opere artistiche dello Schuon sono pitture a olio, di dimensioni raramente superiori ai cm 60 x 60. Nell’ottica dello stile esse uniscono le regole tradizionali dell’arte pittorica con la tecnica della pittura occidentale. Quantunque tradizionalista per l’osservanza di taluni principi elementari, Schuon non si limita allo stile delle icone né a quello dell’arte orientale.

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Le regole tradizionali cui abbiamo appena alluso sono queste: evitare una stretta osservanza delle leggi della prospettiva e non utilizzare né lo scorcio né l’ombreggiatura; l’ombreggiatura, tuttavia, è permessa quando lo richiede il rilievo dei volti e dei corpi, come dimostra l’esempio di diverse icone. Il fatto che Schuon combini tali regole con una osrta di rigore intellettuale da un lato, e con un’osservazione adeguata della natura dell’altro, dà alla sua pittura un’originalità potente e un’espressività eccezionale. In breve, egli combina le caratteristiche positive dell’arte occidentale con il rigore e il simbolismo della pittura murale egizia o della miniatura indù. Potremmo forse dire che i suoi lavori, nei loro aspetti tecnici, si collocano in un ambito posto tra la miniatura indù e l’espressionismo, mentre nello stesso tempo sono permeati da una certa influenza del Giappone.

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Il lato artistico scatursice, in Schuon, da una coscienza del simbolismo universale, giacché Dio manifesta le Sue Qualità attraverso la bellezza. C’è la bellezza della natura vergine, dell’uomo de dell’arte; l’arte autentica e legittima contiene sempre, direttamente o indirettamente, qualcosa del sacro.

L’uomo vive di Verità e di Belleza; Schuon scrive libri e dipinge immagini. I suoi libri esprimono la dottrina metafisica in cui tutti i sistemi religiosi e i metodi spirituali hanno la loro origine; egli si pone così nella prospettiva della philosophia perennis. La sua intenzione, nelle pitture, è d’esprimere verità interiori, e fa ciò in un modo del tutto semplice, spontaneo e naturale, senza nessuna affettazione di simbolismo didattico. Quello che rappresenta sono fondamentalmente realtà superiori come le vive attraverso la sua anima, e lo fa mediante ritratti umani e scene per la maggior parte tratti dalla vita degli Indiani delle praterie. Ma ha dipinto anche numerose immagini della Vergine Madre non nello stile delle icone cristiane, ma nella forma della Sulamite biblica o della Shakti indù.

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Gran parte della sua conoscenza intellettuale può essere spiegata in funzione della sua straordinaria intuizione estetica. Gli basta vedere — in un museo, per esempio — un oggetto d’una civiltà tradizionale, per essere capace di percepire, per mezzo d’una sorta di “reazione a catena”, tutto un insieme di princìpi intelettuali, spirituali e psicologici che agivano nell’interno di quel mondo. Secondo un punto importante della sua dottrina la bellezza non è una questione di gusti, quindi d’apprezzamento soggettivo, ma è, invece, una realtà oggettiva e perciò determinante; il diritto umano a un’affinità personale — o a una “scelta personale” se si vuole — è del tutto indipendente dalla discriminazione estetica, vale a dire, indipendente dalla comprensione delle forme.

Schuon ha scritto in una delle sue lettere: “Quello che cerco di esprimere nelle mie pitture — e davvero non posso esprimere nient’altro — è il Sacro unito alla Bellezza. Quindi attitudini spirituali e virtù dell’anima. E la vibrazione che emana dai dipinti deve condurre verso l’interno.”

(Barbara Perry)