“Dio fa quello che vuole”: ciò significa non che, simile a un individuo, Dio possa avere dei desideri arbitrari, ma che il puro Essere comporta proprio per sua natura l’Onnipossibilità; ora l’illimitatezza di questa implica le possibilità per così dire assurde, ossia contrarie alla natura dell’Essere, che ogni fenomeno è tuttavia ritenuto manifestare, e palesa volente o nolente; tali possibilità possono chiaramente realizzarsi soltanto in modo illusorio e delimitato, giacché nessun male può penetrare nell’ordine celeste. Il male, lungi dal costituire la metà del possibile — non esiste affatto simmetria tra il bene e il male — è limitato dallo spazio e dal tempo sino a ridursi a una quantità infima nell’economia dell’Universo totale; è così poiché “la Misericordia include ogni cosa”.
In altri termini: l’Infinitudine divina implica che il Principio supremo consenta non soltanto a limitarsi in maniera ontologica — per gradi e in vista della Misericordia universale — ma anche a lasciarsi contraddire in seno a questa; ciascun metafisico l’ammette intellettualmente, ma ci manca molto però che ognuno sia capace d’accettarlo moralmente, di rassegnarsi cioè alle conseguenze concrete del principio dell’assurdità necessaria.
Schuon, La trasfigurazione dell’uomo, “Il mistero della possibilità”, Mediterranee, 2016, p. 69.