Nella dimensone temporale che s’estende dinanzi a noi, non vi sono che tre certezze: la morte, il Giudizio e la Vita eterna. Non abbiamo alcun potere sul passato e ignoriamo il futuro; non abbiamo, per il futuro, che queste tre certezze, ma ne possediamo una quarta in questo stesso momento, ed essa è tutto: è la nostra attualità, la nostra libertà attuale di scegliere Dio e di scegliere così tutto il nostro destino.
In questo istante, in questo presente, possediamo l’intera nostra vita, l’intera nostra esistenza: tutto è buono se questo istante è buono, e se sappiamo fissare la nostra vita in tale istante benedetto; il segreto della fedeltà spirituale sta nel dimorare in tale istante, nel rinnovarlo e nel perpetuarlo con la preghiera, nel trattenerlo col ritmo spirituale, nel collocarvi tutto il tempo che si riversa su di noi e che rischia de portarci lontano da questo “momento divino”. La vocazione del religioso è la preguiera perpetua, non perché la vita sia lunga, ma perché non è che un momento; la perpetuità – o il ritmo – dell’orazione prova che la vita è solo un istante sempre presente, come la fissazione spaziale in un luogo consacrato prova che il mondo è soltanto un punto, un punto però che, appartenendo a Dio, è dappertutto, e non esclude alcuna felicità.
Frithjof Schuon, Sguardi sui Mondi Antichi, Edizioni Mediterranee, Roma, 1996, pp.128-129.