Frithjof Schuon

ed il messaggio della Filosofia Perenne

L’uomo che ama Dio vive nell’Interiore

L’uomo che “ama Dio” è chi “vive nell’Interiore” e “verso l’Interiore”, che resta cioè immobile nella sua interiorità contemplativa — nel suo “essere” se si vuole — pur movendosi verso il suo Centro infinito. L’immobilità spirituale s’oppone qui al moto indefinito dei fenomeni esterni, mentre il moto spirituale s’oppone invece all’inerzia naturale dell’anima decaduta, all'”indurimento del cuore” che dev’essere guarito dalla “grazia” e dall'”amore”, ossia, il cui rimedio è tutto ciò che ammorbidisce, transmuta e trascende l’ego.


Schuon, Sophia Perennis, Frammenti Scelti, Mediterranee, Italia, 2014.

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L’unica cosa che si impone

Anandamayi Ma (1896-1982).

Io sono me stesso, e non un altro; e io sono qui, come sono; e questo accade ora, necessariamente. Cosa dovrei fare ? La prima cosa che si impone, e l’unica che si impone in modo assoluto, è il mio rapporto con Dio. Ricordo Dio, e in e attraverso questo ricordo tutto va bene, perché è quello di Dio. Tutto il resto è nelle Sue mani.


Frithjof Schuon, Sophia Perennis, Mediterranee, 2014.

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La risposta più decisiva al problema della predestinazione

La vita d’un uomo, e per estensione l’intero suo ciclo individuale di cui tale vita e la stessa condizione d’uomo sono soltanto modalità, è infatti contenuta nell’Intelletto divino come un tutto finito, vale a dire come una possibilità determinata che, essendo ciò che è, non è in nessuno dei suoi aspetti altro che se stessa, giacché una possibilità è solo un’espressione dell’assoluta necessità dell’Essere; e da qui ha origine l’unità o l’omogeneità di ogni possibilità, che è dunque quello che non può non essere.

I due grandi momenti

Santa Bernadette di Lourdes.

Ci sono due momenti nella vita che sono tutto, e cioè il momento presente, in cui siamo liberi di scegliere quello che vogliamo essere, e il momento della morte, nel quale non abbiamo più scelta alcuna e dove la decisione spetta a Dio.

Ora, se il momento presente è buono, la morte sarà buona; se siamo adesso con Dio — nel presente che si rinnova senza posa ma resta sempre questo solo momento attuale — Dio sarà con noi nel momento della nostra morte.

Il ricordo di Dio è una morte nella vita, sarà una vita nella morte.


Frithjof Schuon, La Trasfigurazione dell’Uomo, Edizioni Mediterranee, Roma, 2016, pp. 135-136.

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L’icona trasmette una forza beatifica

Vergine nera di Czestochowa.

La maggioranza dei moderni che credono di comprendere l’arte sono convinti che l’arte bizantina o romanica non abbia nessuna superiorità su quella moderna, e che una Vergine bizantina o romanica non somigli a Maria più delle immagini naturalistiche, al contrario; eppure la risposta è facile: la Vergine bizantina — che tradizionalmente risale a San Luca e agli Angeli — è infinitamente più prossima alla verità di Maria dell’immagine naturalistica, che è necessariamente sempre quella di un’altra donna, poiché delle due l’una: o si presenta della Vergine un’immagine assolutamente somigliante nell’aspetto fisico, ma in tal caso occorre che il pittore abbia veduto la Vergine, condizione che, chiaramente, non può essere soddisfatta — a prescindere dall’illegittimità della pittura naturalistica, o si presenta della Vergine un simbolo perfettamente adeguato, ma allora il problema della somiglianza fisica, senza essere assolutamente escluso di fatto, non si pone più del tutto.

Il santo e l’eroe sono quasi puri simboli

Santa Teresa di Lisieux (1873-1897).

Nel Medioevo v’erano ancora soltanto due o tre tipi di grandezza: il santo e l’eroe, anche il sapiente, poi su una scala minore e come per riflesso il pontefice e il principe; il “genio” e l’ “artista”, queste grandezze dell’universo laico, non sono ancora nati.

Il sonno dell’ego e la veglia dell’anima immortale

Mulay ‘Ali ad-Darqawi, maestro sufi marocchino. Foto di Titus Burckhardt.

La santità è il sonno dell’ego e la veglia dell’anima immortale: dell’ego nutrito d’impressioni sensoriali e colmo di desideri, e dell’anima libera, cristallizzata in Dio. L’esteriorità mutevole del nostro essere deve dormire e, per conseguenza, ritirarsi dalle immagini e dagli istinti, mentre il fondo del nostro essere deve vegliare nella coscienza del Divino e illuminare così, come una fiamma immobile, il silenzio del santo sonno.

Schuon, Sophia Perennis, Edizioni Mediterranee, 2014, p. 23.

Debolezza e forza

La debolezza è la convinzione abituale d’essere deboli; esser deboli vuol dire ignorare che ogni uomo ha acesso alla forza, a qualunque forza esista. La forza non è un privilegio dei forti, ma una potenzialità di ciascun uomo; il problema sta nel trovare l’acesso a quella forza.

In questo istante possediamo l’intera nostra vita

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Nella dimensone temporale che s’estende dinanzi a noi, non vi sono che tre certezze: la morte, il Giudizio e la Vita eterna. Non abbiamo alcun potere sul passato e ignoriamo il futuro; non abbiamo, per il futuro, che queste tre certezze, ma ne possediamo una quarta in questo stesso momento, ed essa è tutto: è la nostra attualità, la nostra libertà attuale di scegliere Dio e di scegliere così tutto il nostro destino.

Articolo: “La Nozione d’Esoterismo in Frithjof Schuon”, di Patrick Laude

Frithjof Schuon.

“La definizione e la portata della nozione d’esoterismo rimangono al centro d’un dibattito nella corrente tradizionale, cosa che emerge da diverse reazioni alla nozione di religio perennis com’è stata formulata da Frithjof Schuon. Sarà nostra intenzione cercare di sottolineare qui un certo numero di punti fondamentali che hanno potuto essere oscurati da sovraccentuazioni semplificatrici, o da pie esagerazioni suscitate da questo o quel contesto, o da tale o talaltra occasione. La nostra ambizione si limiterà così a fornire, nel modo più semplice e succinto possibile, una sorta di riassunto delle idee principali espresse da Frithjof Schuon sull’argomento, tanto nei suoi libri quanto in alcuni dei suoi testi non pubblicati.”

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